La dipendenza affettiva con gli occhi di Frida Kahlo

 

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Dove comincia l’Amore, lì finisce l’Io – Sabina Spierlein

Ogni relazione profonda è pericolosa, in particolar modo per quegli individui che hanno talmente bisogno di dipendere da un altro per mantenere la propria identità, da accettare di esserne vittime pur di non essere abbandonati. Il tema delle dipendenze amorose patologiche è molto attuale e ampiamente discusso, vorrei parlarne seguendo una prospettiva psicoanalitica basata su un’esperienza reale e concreta vissuta da Frida Kahlo, la nota pittrice messicana dalle doti artistiche provocatorie e anticonvenzionali, con il suo grande amore Diego Rivera. La dipendenza affettiva o Love addiction si riferisce a quelle persone che hanno una cronica difficoltà ad assumere un’identità stabile che le rende inclini a legarsi a figure da cui dipendono totalmente proprio perché assicurano loro una coesione a livello dell’identità. Nella dipendenza affettiva il legame con l’altro diventa lo strumento che permette di confermare la propria identità, l’altro diventa quindi indispensabile e insostituibile per colmare un vuoto di identità. Questo tipo di relazione non è e non può essere un incontro reciproco, ma solo un meccanismo psichico sostitutivo. Erikson (1968) e più in generale, i modelli psicologici più condivisi, sostengono che la dipendenza affettiva sia causata da danni precoci nello sviluppo dei meccanismi di attaccamento: il soggetto che non ha sviluppato una sufficiente fiducia primaria verso le figure di accudimento, presenta carenze del senso di identità che ricerca in seguito nella relazione con il partner che viene così avvertito come essenziale per la propria sopravvivenza e il proprio benessere.

Riccardo dalle Luche e Angela Palermo (2016) descrivono bene la classica situazione “né con te né senza di te” (prendendo in prestito la celebre frase del film di Francois Truffaut, La signora della porta accanto, 1981) che si era instaurata tra Frida e Diego: stare insieme nonostante le continue scenate, i ripetuti tradimenti e le numerose separazioni.

Si può pensare all’incidente di tram di Frida con tutte le conseguenze e le trasformazioni sul suo corpo e sulle sue stesse prospettive di vita, come l’evento che la consegnò alla pittura. Nacque così in lei la necessità di ricostruire il suo dell’identità basato sul bisogno di essere riconosciuta come pittrice e artista e non come invalida. Diego incarnava la figura di istrionico e affascinante genio, irresistibile seduttore, grande pittore, che avrebbe potuto garantire a Frida un riconoscimento come donna e come artista. È comprensibile il rapporto di forte e asimmetrica dipendenza che si instaurò tra i due. Diego garantiva e frustrava nello stesso tempo i bisogni identitari di Frida: da un lato le assicurava una stabilità di donna (già incerta per la forte componente bisessuale e per il suo corpo mutilato dopo l’incidente) e di pittrice affermata, dall’altro le riacutizzava vecchie angosce di abbandono e di perdita tradendola continuamente, arrivando perfino a tradirla con la sorella minore Cristina.

In coppie nate sulla base di un bisogno di fusionalità e mutua riparazione narcisistica, l’inevitabile fase della differenziazione che subentra dopo l’iniziale fase di innamoramento, quindi all’incirca dopo il primo anno del rapporto, è caratterizzata da una costante frustrazione di fronte alla quotidianità, percepita come banale e noiosa. L’amore fusionale non consente il rispetto delle due identità distinte dei partners all’interno di una relazione totalizzante. Ogni minima frattura in questo tipo di coppia genera una lotta sadomasochistica, una restituzione dei colpi e delle ferite che rappresenta una strategia in parte inconscia per mantenere l’unità della coppia seppure in maniera instabile.

Ai tradimenti ripetuti e spesso del tutto superficiali di Diego, seguirono in un secondo momento i tradimenti feroci e vendicativi da parte di Frida. Il magico vissuto totalizzante della fusionalità si trasformò in una lunga storia di infedeltà reciproche, vendette, interruzioni, ricongiunzioni, e ri-idealizzazioni.

Nell’evoluzione degli amori fusionali, quando la potenza emotiva comincia a scemare e i due partners riacquistano una loro individualità, ma nello stesso tempo non vogliono perdere il sentimento amoroso fusionale, il rapporto diventa ambivalente. Si odia l’altro perché non è più in grado di garantire i sentimenti originari nella loro forza assoluta. Lo si attacca per sentire ancora esistente il legame e per evitare il completamento del processo di separazione come individui. Occorsero diversi anni a Frida per comprendere quanto la compulsione seduttiva di Diego fosse insita nella sua natura e quanto non si potesse arrestare. Questa amara delusione si risolse in una rottura definitiva che fece sprofondare Frida nell’esperienza angosciosa del “Nulla”, in quella che Freud avrebbe chiamato una terribile melanconia. Nel celebre saggio Lutto e melanconia (Freud, 1915), Freud sottolinea che a differenza del processo di lutto, in cui vi è una reazione alla perdita di qualcosa di esterno a sé, la melanconia è un processo che si verifica per la perdita di una parte di sé fusa con l’oggetto, determinando un radicale impoverimento dell’Io. Quindi, se nel lutto è il mondo intorno a sé a diventare vuoto e privo di significato, nella melanconia è l’Io stesso a impoverirsi e svuotarsi.

Per Frida, la perdita definitiva di Diego non era soltanto la perdita di un oggetto esterno a sé, ma di una vera e propria parte di sé necessaria al mantenimento della coesione dell’Io.

Scrive così nei suoi Diari:

“(…) So che come sempre, (Diego) ha molte noie e preoccupazioni per il suo lavoro, ma comunque vive una vita completa, e non la stupida vacuità della mia. Io non ho più niente perché non ho più lui. (…) Non valgo niente, non so fare niente, non posso bastare a me stessa”.

La rottura della relazione e il venir meno del sentimento di fusionalità viene percepito in queste situazioni come un dolore estremo, una vera e propria amputazione di una parte di sé. Si tratta di relazioni totalmente sbilanciate perché il dipendente finisce per annullarsi, mentre l’altro si costringe a un sacrificio volto a evitare la sofferenza del partner.

Da un certo punto in avanti la relazione di Frida con Diego sembra assumere proprio questa forma, da un lato la vittima-dipendente e dall’altro il narcisista costretto al sacrificio. Gli anni dopo la rottura della relazione con Diego furono per Frida, così come riferì nei suoi Diari, i più brutti della sua vita perché caratterizzati dalla tempestosa separazione e dal peggioramento delle sue già precarie condizioni di salute.

Freud (1929) descrive bene lo stato emotivo di Frida:

“Siamo totalmente privi di protezione dalla sofferenza quando amiamo; raggiungiamo il massimo dell’infelicità quando abbiamo perduto l’oggetto amato o il suo amore”.

I vissuti di Frida sono molto ben espressi nei suoi dipinti, più eloquenti di qualsiasi parola. Ne è un esempio il quadro intitolato Qualche colpo di pugnale (1935), dipinto da Frida subito dopo essere venuta a conoscenza della relazione clandestina di Diego con sua sorella Cristina. È evidente un’equivalenza simbolica inconscia tra il tradimento e l’omicidio, un omicidio metaforico, l’uccisione dell’oggetto d’amore e della possibilità da parte di Diego di amare in modo paritario e reciproco. Diego viene presentato come un sadico assassino, il sangue schizza dappertutto, anche sulla cornice, spingendoci a immaginarlo anche fuori di essa. I dettagli della calza e della scarpa che indossa su un’unica gamba il cadavere sembrano rappresentare gli ultimi residui di una femminilità distrutta ma anche una componente perversa dell’assassino. Il titolo del quadro allude in maniera sarcastica a un fatto di cronaca messicana dell’epoca in cui l’assassino si difese in tribunale esclamando: “Qualche punzecchiatura” per minimizzare l’accaduto.

 

Con il passare degli anni, Frida comprese la vera natura di Diego identificandolo con l’immagine di un bambino. All’interno della loro relazione lo identificò come il suo bambino, quello che non aveva potuto avere nella realtà e cominciò a dipingerlo in questo modo. L’amoroso abbraccio dell’universo (1949) rappresenta proprio lo stato finale della relazione con Diego, una ricomposizione del rapporto nell’immagine di madre e bambino, una nuova illusoria ed eterna fusione con l’oggetto amato.

 

Bibliografia:

Dalle Luche R. (2001). L’amore perverso. Eros melanconico e perversificazione. In: Maggini C. (a cura di). Malinconia d’amore. Frammenti di una psicopatologia della vita amorosa. Edizioni ETS, Pisa.

Dalle Luche R., Palermo A. (2006). Psicoanalisi immaginaria di Freda Kahlo,Mimesis Edizioni, Milano.

Dalle Luche R., Bertacca S. (2007). L’ambivalenza e l’ambiguità nelle rotture affettive. Franco Angeli Editore, Milano.

Erikson E. (1968). Identity; youth and crisis. Norton ed., New York.

Freud S. (1915). Lutto e melanconia. Tr.it. in Opere, vol. VII, 1976.

Freud S. (1929). Il disagio della civiltà. Tr.it., Bollati Boringhieri, Torino, 2009.

 

Dott.ssa Valentina Villani

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