Love Addiction – La Dipendenza Affettiva

Psicologo Psicologa Psicoterapeuta Roma Monteverde Portuense Valentina Villani

Foto di Valentina Villani

Quando essere innamorate significa soffrire, stiamo amando troppo. Quando nella maggior parte delle nostre conversazioni con le amiche intime parliamo di lui, dei suoi problemi, di quello che pensa, dei suoi sentimenti, stiamo amando troppo. Quando giustifichiamo i suoi malumori, il suo cattivo carattere, la sua indifferenza, o li consideriamo conseguenze di un’infanzia infelice e cerchiamo di diventare la sua terapista, stiamo amando troppo. Quando leggiamo un saggio divulgativo di psicoanalisi e sottolineamo tutti i passaggi che potrebbero aiutare lui, stiamo amando troppo. Quando non ci piacciono il suo carattere, il suo modo di pensare e il suo comportamento, ma ci adattiamo pensando che se noi saremo abbastanza attraenti e affettuosi lui vorrà cambiare per amor nostro, stiamo amando troppo. Quando la relazione con lui mette a repentaglio il nostro benessere emotivo, e forse anche la nostra salute e la nostra sicurezza, stiamo decisamente amando troppo”.

Con queste parole Robin Norwood comincia il suo famosissimo saggio “Donne che amano troppo” in cui vengono individuate le ragioni per cui molte donne si innamorano dell’uomo sbagliato e spendono inutilmente le loro energie per cambiarlo. Ognuno di noi in qualche modo è dipendente dagli altri, tutti abbiamo bisogno di approvazione, conferme, empatia e ammirazione da parte degli altri per sostenerci e mantenere la nostra autostima, ma la dipendenza affettiva può raggiungere forme così estreme da diventare patologica.

La dipendenza affettiva o love addiction è una forma patologica di amore caratterizzata da assenza cronica di reciprocità nella vita affettiva, in cui l’individuo “donatore di amore” a senso unico, vive la relazione di coppia come condizione unica, indispensabile e necessaria per la propria esistenza, diventando la linfa vitale di cui nutrirsi quotidianamente.

Alla base di questa dipendenza c’è una profonda necessità di legarsi a un’altra persona, di connettersi emotivamente proprio perché la propria identità e autostima sono costruite sull’opinione altrui. Chi vive questo tipo di dipendenza attribuisce all’altro un’importanza tale da annullare se stessi, non ascoltando i propri bisogni e le proprie necessità. La sfiducia nel proprio valore e nelle proprie capacità creano la paura di non essere degni d’amore e il bisogno di continue rassicurazioni da parte del partner riflettono un bisogno ossessivo di sicurezza che porta a tollerare anche maltrattamenti e tradimenti pur di non perdere l’altro.

Spesso le persone dipendenti hanno un passato di abusi e maltrattamenti fisici o emotivi che non sono riuscite a elaborare. Le dinamiche familiari vengono così replicate attraverso la scelta di partner inadeguati, spesso evitanti, che generano una serie continua di alti e bassi provocando un’incredibile senso di delusione e devastazione.

Attualmente non sono stati riconosciuti dei criteri diagnostici per definire la dipendenza affettiva e dunque non è stata ancora classificata come patologia, tuttavia la sua manifestazione trova molte similitudini con la dipendenza da sostanze presentando caratteristiche come ebbrezza conseguente allo stare insieme al partner e dose, intesa come quantità di tempo sempre maggiore da spendere all’interno della coppia. Altri sintomi sono il terrore dell’abbandono e della separazione; la mancanza di interesse per sé e per la propria vita, dagli amici ai rapporti interpersonali, ai desideri; la devozione estrema; l’ossessione per l’altro; la gelosia morbosa; l’incapacità di tollerare la solitudine; la paura di essere se stessi; il senso di colpa e la rabbia; l’isolamento sociale; sentimenti di disperazione e fallimento quando si è lontani dal partner; l’incapacità di smettere di vedere la persona amata anche quando si è consapevoli che è distruttiva per se stessi; l’assenza totale di confini con il partner che genera una relazione simbiotica e fusionale. Oltre a questi sintomi si possono ritrovare quelli comuni a tutte le dipendenze come insonnia, nausea, disturbi gastrici, sintomi influenzali, fino ad arrivare a depressione e stati simili al lutto.

Le radici di questo disturbo traggono origine da ferite infantili mai guarite, basate sull’apprendimento di un rifiuto precoce legato alla propria inadeguatezza. Il dipendente ama l’altro idealizzato con lo stesso amore che ha provato nella propria infanzia per un genitore che lo ha abbandonato e dal quale si è sentito tradito. Per questo motivo la dipendenza si nutre del rifiuto, della svalutazione e dell’umiliazione: non si tratta di provare piacere nel vivere tali difficoltà, ma di dare corpo al desiderio di essere in grado di cambiare l’altro, di convincerlo del proprio valore, di riuscire a farsi amare da chi ama solo se stesso. Amare un partner gentile e affettuoso porta ad annoiarsi, mentre sentirsi sempre il rifiuto o la mancanza di certezze muove il desiderio. Le persone dipendenti sono convinte che per essere amate devono sempre essere diligenti, amabili e sacrificarsi per l’altro per poter ricevere il suo amore anche quando questo significa farsi male. Chiaramente questo tipo di valutazioni alimentano e mantengono il disturbo.

Le famiglie in cui sono cresciute le persone con una dipendenza affettiva generalmente presentano alcune caratteristiche comuni: i bisogni emotivi di affetto e amore vengono trascurati e vengono ignorate le percezioni e i sentimenti dell’individuo fin dall’infanzia, creando la perdita della fiducia in sé stessi e nelle proprie percezioni; la presenza di violenza tra i genitori o tra genitori e figli; un comportamento sessuale scorretto da parte di un genitore che può andare dalla seduttività fino all’abuso sessuale; la presenza costante di litigi e tensioni; lunghi periodi di tempo in cui i genitori rifiutano di parlarsi tra loro; abuso di alcol o altre droghe; genitori in competizione tra loro o con i propri figli; comportamenti compulsivi come il bisogno irresistibile di continuare a mangiare, lavorare, giocare d’azzardo, pulire, spendere, che impediscono contatti sinceri e intimità; comportamenti contraddittori l’uno con l’altra per ottenere la complicità dei figli, estrema severità in fatto di denaro, religione, manifestazioni di affetto, sesso, politica o lavoro precludendo il contatto e l’intimità a favore di una rigida obbedienza alle regole.

Il principale problema nella risoluzione delle dipendenze affettive risiede nell’ammissione di avere un problema. Esistono infatti dei confini estremamente labili tra ciò che in una coppia è “normale” e ciò che diviene dipendenza. Spesso è proprio la speranza in un cambiamento impossibile a far sopravvivere il problema e a cronicizzarlo.

In queste situazioni è utile avvalersi di un supporto psicologico individuale o di gruppo.

Attraverso un percorso psicoterapeutico è possibile acquisire una maggiore consapevolezza delle dinamiche specifiche del dipendente affettivo, focalizzandosi sul suo modo di vivere le relazioni significative, sul messaggio che dà di sé, sulla valorizzazione delle proprie risorse e sul senso di autonomia, sul benessere personale piuttosto che su quello dell’altro, ma soprattutto sulla possibilità di vivere una relazione, quella terapeutica, in maniera del tutto nuova rispetto a quelle abituali, una relazione che sia in grado di tutelare il mondo emotivo e affettivo del paziente favorendo il contatto con parti più profonde del sé all’interno di un percorso verso l’indipendenza.

Il gruppo consente il confronto con persone che stanno vivendo lo stesso problema, di prendere un impegno davanti agli altri e di cominciare a riconoscere le distorsioni della realtà attraverso le similitudini con le storie di vita altrui. I membri del gruppo diventano importanti specchi e nello stesso tempo possono fungere da spinta motivazionale per ritrovare la forza di uscire da relazioni disfunzionali e riprendere contatto con quel senso di dignità alla base di ogni relazione.

Dott.ssa Valentina Villani

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