La negligenza emotiva

“Se nessuno si voltasse quando entriamo, rispondesse quando parliamo, o badasse a ciò che facciamo, ma se ogni persona che incontriamo si comportasse come se fossimo inesistenti, una specie di rabbia e di disperazione impotente si riverserebbe presto in noi, da cui la più crudele tortura corporale sarebbe un sollievo”. William James

Quando si parla di infanzia difficile, immaginiamo bambini che vengono danneggiati fisicamente, quindi picchiati, denutriti o abusati sessualmente, oppure bambini che ricevono urla, disprezzo, derisione o continui rimproveri.

Esiste anche un’altra forma di danno, tra l’altro molto diffusa e altrettanto nociva, a cui i bambini possono essere esposti: la negligenza emotiva. In questo caso non c’è alcuna violenza fisica, a prima vista in queste famiglie sembra che tutto vada bene. Il bambino emotivamente trascurato non viene picchiato, rinchiuso o deriso, semplicemente viene ignorato. Le conseguenze delle azioni non compiute sono altrettanto dolorose e spesso avvengono in maniera molto sottile.

Il genitore non sorride molto ai figli, nessuno si accorge che hanno l’aria triste, non c’è mai tempo per guardare un disegno appena fatto o per ascoltare la storia che hanno inventato, nessuno ricorda il nome del loro peluche preferito o si accorge che il primo giorno di scuola potrebbe essere stato molto difficile. Il genitore non sembra in alcun modo interessato, c’è sempre qualcosa di più urgente da fare, un fratello a cui pensare, impegni di lavoro o richieste del partner, piuttosto che passare del tempo con loro. Non c’è contatto visivo, non ci sono coccole, soprannomi o manifestazioni d’affetto, le lacrime non vengono asciugate e i compleanni dimenticati.

Il comportamento insidioso è in gran parte invisibile, ci può essere negligenza emotiva laddove tutto può sembrare molto sano e privilegiato, una casa grande, un bel giardino, scuole d’élite, tate e baby sitter.

Il bambino di fronte a questo tipo di trascuratezza può provare rabbia e disperazione, ma è improbabile che questi sentimenti arrivino alla coscienza in modo chiaro. Molto più probabilmente, queste emozioni si trasformeranno in sentimenti di vergogna uniti a un continuo rispetto e ammirazione proprio per coloro che li hanno suscitati.

L’inclinazione di qualsiasi bambino a pensare che non possa esserci qualcosa di sbagliato nel suo genitore è un fatto del tutto naturale. Per questo motivo il bambino farà qualsiasi cosa piuttosto che accettare l’idea che i suoi genitori gli abbiano inflitto delle ferite, rimanendo invece attaccato in maniera quasi ossessiva alla loro figura indifferente. Per giustificare la noncuranza dei suoi genitori, il bambino supporrà di avere qualcosa di profondamente sbagliato, qualche forma di ripugnanza che allontana gli altri oppure di aver fallito in qualche modo con delle carenze. Questa è l’unica giustificazione concepibile in risposta al distacco con cui viene trattato.

L’adulto che ha vissuto un’infanzia così complicata può trovarsi in uno stato di confusione: in superficie può sperimentare un costante desiderio di compiacere gli altri, ma nel profondo può sentire un dubbio lacerante, paranoia e disprezzo di sé. Per attenuare questi sentimenti e allontanare l’idea di sé stesso come individuo non meritevole di affetto, potrebbe iniziare a bere, sviluppare dipendenze oppure assumere calmanti. Saranno adulti che avranno difficoltà a capire i loro sentimenti e a fidarsi delle loro emozioni, potrebbero avere una bassa autostima e una tendenza all’autocolpevolizzazione. Jonice Webb, nel libro “Running on Empty” rispetto alla negligenza emotiva descrive dodici tipi di genitori che, senza saperlo, sono emotivamente negligenti con i loro figli, così come i problemi che questi bambini incontreranno in futuro come conseguenza.

Una possibilità di risoluzione arriva quando si accetta il termine “negligenza emotiva” come parte della propria storia, offrendo la possibilità di trattarla con la necessaria serietà. I dolori infantili di cui sono stati vittime sono reali, i loro livelli di vergogna lo attestano. Sono stati feriti, non hanno ricevuto l’amore che rende le persone salde e che permette loro di sentirsi autentiche e meritevoli. Di fondamentale importanza in questo processo di cambiamento è imparare a sentirsi autenticamente e utilmente dispiaciuti per sé stessi, sviluppando quell’auto-compassione e accettazione della propria storia che permetterà loro di recuperare la propria vita.

Dott.ssa Valentina Villani

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