La riscoperta della creatività perduta

Psicologo Psicologa Psicoterapeuta Roma Monteverde Portuense Valentina VillaniDa dove nascono le idee? Se pensiamo ai grandi creativi della storia, Mozart sosteneva che le idee fluivano meglio allorché si trovava interamente solo e poteva essere completamente se stesso, pur non sapendo né da dove né come esse venissero: “Da dove e come esse vengano non so, né posso forzarle”. Un’altra testimonianza dell’esistenza di questa forza ignota può essere ben racchiusa nelle parole di Picasso: “Quando inventammo il cubismo, non avevamo intenzione di inventare il cubismo, ma semplicemente di esprimere ciò che era in noi. Nessuno tracciava un programma di azione”.

La creatività può costituire una risposta indiretta e non specifica alla sofferenza psicologica. Bisogna innanzi tutto specificare che la creatività non costituisce preliminarmente privilegio di alcuni ma si configura come dotazione di ogni essere umano in quanto tale. Maslow ad esempio riteneva che la creatività fosse una potenzialità che tutti, o quasi, gli esseri umani possiedono alla nascita e che nella maggior parte dei casi si smarrisce o resta seppellita man mano che l’uomo si lascia assimilare nella civiltà. Già molti anni prima Jung aveva parlato della creatività come di un istinto. Quando si parla di creatività è facile pensare a vere e proprie creazioni artistiche come la Cappella Sistina o la Gioconda, opere che non sono soltanto legate alla loro epoca storica, ma si pongono in rapporto con la dimensione transpersonale e parlano quindi a ogni essere umano. La creatività dell’uomo comune è qualcosa di diverso, è la capacità di generare cose nuove, di porsi domande, di uscire da uno schema fisso. Per fare solo un esempio, nella Germania nazista i tedeschi avevano la tendenza a pensare tutti nello stesso modo e solo pochi riuscivano a differenziare le loro posizioni dalla massa. Quando diventiamo schiavi delle opinioni che ci vengono propinate, quando le idee non provengono da un’esperienza diretta, quando non siamo messi in condizione di valutare criticamente i fatti, c’è qualcosa che sta ostacolando il processo creativo. La dimensione creativa costituisce il presupposto essenziale per diventare, noi stessi, lo strumento della nostra libertà.

Nel momento in cui un individuo riesce, nell’ambito della sua esperienza, a sperimentare cose nuove e a costruirsi una dimensione di vita nella quale agisce la stessa spinta che conduce un Leonardo, un Beethoven, un Michelangelo o un Proust alla creazione, sta agendo in maniera creativa. La spinta creativa è relativa al proprio mondo interiore che è altamente soggettivo; se si dovesse richiedere a una persona che soffre di trasformarsi in un Michelangelo si metterebbe quella persona in grave difficoltà. Ciò che appare importante all’interno di un lavoro psicoterapeutico è attivare una dimensione interna che conduca la persona a porsi di fronte alla vita con lo stesso stato d’animo con il quale Leopardi cercava di comunicare il senso dell’universo.

Quando si è catturati da un momento creativo, allora si vive al massimo della pienezza. Nel momento in cui Michelangelo dipingeva la Cappella Sistina non veniva distratto da niente, neanche dai bisogni più elementari perché era completamente alimentato dalla forza interna con cui era entrato in contatto. Le persone in grado di trasformare le cose, hanno la capacità di abbandonarsi al demone della creatività senza esserne distrutte. Ne è un esempio classico Ulisse che volle ascoltare il canto delle Sirene pur sapendo il pericolo al quale andava incontro, ma fece in modo di vivere quest’esperienza senza esserne sopraffatto. Si fece assicurare saldamente all’albero maestro della sua nave con la promessa che non sarebbe stato slegato per nessun motivo e obbligò i suoi compagni a otturarsi le orecchie con la cera e a proseguire il viaggio in mare senza voltarsi indietro.

Sia l’artista che l’uomo comune nel momento creativo vivono le stesse vibrazioni, indipendentemente dal fatto che un’opera possa in seguito guadagnare una dignità particolare come prodotto artistico. Si tratta soltanto di riprendersi la dimensione creativa che è sempre esistita nella nostra vita ma che a causa di condizionamenti e fattori particolari che entrano in gioco durante lo sviluppo può perdersi. In effetti le persone che esprimono delle idee che mettono in crisi il mondo non vengono mai accolte a braccia aperte e spesso è proprio la paura di non essere accettati a favorire la rinuncia a esprimersi. Nell’espressione creativa è necessario essere capaci di affrontare l’ostilità degli altri, anzi, se nella vita non incontriamo ostilità alle nostre idee, spesso è perché quelle stesse idee non hanno la forza necessaria per esprimere qualcosa di significativo.

Dott.ssa Valentina Villani

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