Le interazioni sociali del neonato e l’attaccamento
Diverse ricerche hanno dimostrato le potenzialità che il neonato possiede di entrare in una forma elementare di interazione sociale e allo stesso tempo le potenzialità che una madre possiede di partecipare con successo a tale interazione.
Quando una madre e il suo bambino di due o tre settimane si trovano faccia a faccia, si verificano fasi di vivace interazione sociale alternate a fasi di disimpegno. Le fasi di interazione comprendono espressioni facciali e vocalizzi durante le quali il neonato si orienta verso la madre con movimenti agitati delle braccia e delle gambe. Nella fase di disimpegno le attività si placano e terminano con il bambino che distoglie lo sguardo per un certo periodo, prima che inizi la successiva fase di interazione. Mentre l’inizio e la fine dell’interazione da parte del bambino tendono a seguire un proprio ritmo autonomo, una madre sensibile regola il proprio comportamento in modo da accordarlo con quello del figlio. In questo modo la madre consente al bambino di dirigere e grazie alle sue risposte che si intrecciano e si adattano abilmente a quelle del figlio, si crea un dialogo.
In base alle scoperte sulla precocità delle interazioni umane, Bowlby ha sviluppato la teoria dell’attaccamento che si fonda sull’assunto che l’essere umano manifesta una predisposizione innata a sviluppare legami significativi con le figure genitoriali (o di chi ne fa le veci). Nello specifico, l’attivazione del sistema di attaccamento porta il bambino a cercare la vicinanza del genitore, ricerca che gli consente di essere protetto nei confronti di vari pericoli, dalla mancanza di cibo alle variazioni termiche sfavorevoli, dagli incidenti agli attacchi da parte di altri individui.
Queste relazioni di attaccamento si formano in genere entro il settimo mese di vita con lo scopo di garantire la sicurezza e la protezione nei confronti dei pericoli. All’inizio per il bambino il pianto è l’unico mezzo disponibile per segnalare il suo bisogno di cure, ma già al secondo mese il suo sorriso sociale agisce fortemente nell’incoraggiare la madre a provvedere ai suoi bisogni. Lo sviluppo del comportamento di attaccamento che ha come obiettivo quello di mantenere la vicinanza con la figura materna richiede che il bambino abbia sviluppato la capacità cognitiva di ricordare la madre quando lei non è presente: questa capacità si sviluppa durante il secondo semestre di vita. Così dai nove mesi in poi quando lasciati con una persona estranea, la maggior parte dei bambini risponde con proteste e pianti e una più o meno prolungata preoccupazione nei confronti dell’estraneo.
Gli scambi emotivi che caratterizzano un attaccamento sicuro implicano che l’adulto sia in grado di reagire in maniera pronta e adeguata ai segnali del bambino aiutandolo a ridurre l’impatto di sensazioni spiacevoli come paura, ansia o tristezza. In sostanza il genitore dovrebbe fornire una base sicura da cui un bambino o un adolescente possa partire per affacciarsi al mondo e a cui possa ritornare sapendo con certezza che verrà accolto, nutrito, rassicurato e confortato.
Se il bambino stabilisce una relazione basata su un attaccamento sicuro, sarà in grado di esplorare il mondo, di maturare e di separarsi in maniera sana dal genitore; se, al contrario, la relazione di attaccamento è problematica, il modello interno che ne deriva non fornirà al bambino quella base sicura necessaria per uno sviluppo sano. Un attaccamento insicuro può infatti rappresentare un fattore di rischio significativo per quanto riguarda il successivo manifestarsi di condizioni psicopatologiche.
Lo stile di attaccamento che si manifesta nelle fasi più precoci dell’esistenza ha un impatto fondamentale sullo sviluppo: i bambini che hanno dei genitori sensibili e pronti a dare una risposta sono messi in condizione di potersi sviluppare lungo un percorso di sanità mentale, mentre quelli che hanno genitori insensibili e lenti a rispondere avranno maggiori probabilità di sviluppare un percorso deviante.
Fortunatamente, le esperienze successive continuano a influenzare i modelli di attaccamento, perciò nuove relazioni interpersonali possono indurre nuovi modelli di relazioni e migliorare notevolmente una situazione sfavorevole. In questo senso, gli interventi terapeutici possono avere effetti benefici sulla successiva evoluzione di un individuo. Il rapporto paziente-analista si presenta frequentemente come un vero e proprio legame di attaccamento in quanto in esso si possono manifestare le caratteristiche specifiche di tale relazione come la ricerca di vicinanza, la protesta nei confronti della separazione e l’effetto base sicura. E’ proprio il potenziale continuo di cambiamento che caratterizza gli individui di ogni età che fornisce l’opportunità di fare una terapia efficace.